La Fontana e la famiglia Sanuti

La storia corre lungo la “Via Francesca della Sambuca”

L’abitato di Fontana, sito sul lato immediatamente a sud della Rupe del Sasso, deve il suo nome alla fontana posta nel cortile della villa quattrocentesca detta Villa Fontana o Palazzo Sanuti, posta al centro del paese, incassato tra la via Porrettana, la Rupe e il fiume Reno, fatta costruire da Nicolò Sanuti, nobile e ricco cavaliere, che ebbe una parte notevole nella vita politica bolognese della metà del Quattrocento: fu componente del senato della città e nel 1447 fu nominato primo Conte della Porretta da Papa Nicolò V.
La nomina gli permise di allargare i suoi interessi nelle attività che oggi definiremmo ricettive o alberghiere ed anche in quelle di carattere artigianale. Proprio in questa prospettiva, più economica che culturale, va inserito anche il riuscito tentativo di inserimento delle terme fra le mete più ambite della ricca società bolognese della seconda metà del Quattrocento. Proprio nell’ambito di questo cosciente tentativo di convogliare sui bagni porrettani un sempre crescente numero di bagnanti ricchi, nobili e colti, potremmo leggere anche la stesura da parte di Giovanni Sabadino degli Arienti, il cui padre era originario di Casio, delle “ Novelle Porretane” che esaltavano la vita dei bagni o la lettera che il canonico bolognese Floriano Dolfi scrisse al marchese di Mantova, in cui si illustrava il rilassamento dei costumi e della morale tradizionale presso questi bagni termali.
Alla morte del conte avvenuta nel 1482, l’ingente patrimonio immobiliare fu lasciato dal Sanuti a quattro
monasteri bolognesi (S. Domenico, S. Procolo, S. Salvatore e S. Francesco) con
l’usufrutto della moglie Nicolosa; che lo tennero fino a tutto il Settecento. Con l’avvento dei Francesi il palazzo venne espropriato e fu acquistato da Annibale Rossi la cui figlia sposò un Comelli ai cui discendenti ancora appartiene.
Il Palazzo dotato di solide mura è loggiati ha ancora l’aspetto della dimora di campagna e in parte del fortilizio, all’esterno è riprodotto lo stemma nobiliare dei Sanuti con le parole: Nicolaus – Santus Porrecte Terme”, e si possono notare tracce di un affresco rappresentante il ritratto del Sanuti e della sua famosa seconda moglie Nicolosia Castellani, nata presumibilmente tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta del Quattrocento dal notaio Antonio Castellani e da Margherita Franchini.
Non abbiamo notizie sulla sua vita precedente il matrimonio, celebrato il 6 aprile 1446, con Nicolò Sanuti, nobile bolognese e dottore in legge, con dote di 5000 lire. Nel 1448 Sanuti assunse il titolo di contessa della Porretta in seguito alla nomina del marito alla guida della neonata contea. Trent’anni dopo, Sabadino degli Arienti, nella raccolta di novelle ambientate nella contea intitolata Le porrettane, descrisse la contessa come una donna particolarmente bella e ricercata nel vestire.
La figura di Nicolosia Castellani è una figura di spicco nel quattrocento Bolognese in quanto è rimasta famosa una sua orazione del 1453 nota col nome di “Orazione per la restituzione de’ vani ornamenti” a sostegno della possibilità per le donne di alto rango e ceto sociale e culturale di manifestare liberamente il proprio status attraverso lo sfoggio di vestiti e gioielli.
Il destinatario dell’orazione “Orazione per la restituzione de’ vani ornamenti” era il Cardinale legato di Bologna Bessarione il quale nello stesso anno aveva promulgato una legge di natura suntuaria atta ad imporre severi limiti all’abbigliamento femminile-
La reazione di Bologna fu forte. Lo scritto provocò immediatamente la reazione di alcuni intellettuali. Già nello stesso anno le rispose il chierico Matteo Bosso, che molto probabilmente fu tra i redattori della legge emanata da Bessarione. L’intellettuale tuttavia non prese posizione contro Sanuti, ma contro l’ignoto redattore dell’orazione, non ritenendo che questa potesse essere opera di una donna. Alla polemica si aggiunse poi la voce di Guarino Veronese, all’epoca titolare della cattedra di eloquenza e di lettere latine e greche presso l’Università di Ferrara, il quale intervenne a sostegno di Sanuti tramite l’invio di una lettera a Sante Bentivoglio di cui la Sanuti ne era diventata l’amante, che sembrava sostenere le posizioni della nobildonna. Il dibattito non ebbe però alcun risultato politico e il cardinale legato non apportò nessuna modifica alla legge.
La Sanuti morì a Bologna nel 1505 nel palazzo Sanuti, oggi Bevilacqua, in Via d’Azeglio.