Tradizioni e sapori della nostra terra

Uscendo da Bologna, percorrendo la vecchia strada di Saragozza, oggi via Porrettana, dopo aver lasciato alle spalle Casalecchio, si imbocca la Valle del Reno, entrando nel Comune di Sasso, paese che sin dai tempi antichi, ha sempre avuto un posto di prestigio nella ristorazione.
Dall’antica “Locanda del Sasso” prima, la trattoria “Della Cerva” dopo, le numerose osterie: alla Fontana, alla Grotta di Mongardino, ai Prati di Pontecchio, al Mulino in via Olivetta, a Badolo e ai Cinque Cerri, erano punti di sosta obbligati per i viandanti che da Bologna risalivano verso le località della vallata, ma soprattutto erano posti di ristoro per i numerosi mercanti che, con i loro carri, portavano le merci in città. Queste strutture, sempre più attrezzate e moderne hanno sicuramente contribuito alla crescita e allo sviluppo del paese.
La ristorazione va dai piatti tradizionali della tipica cucina bolognese e delle sue specialità, alle esperienze e tradizioni affermate nelle province e regioni limitrofe. Il magnifico e vasto territorio medio collinare del Comune, favorito dalla vicinanza alla città (a nord-est confiniamo con il Comune di Bologna) rende il paese ricco di storia, di tradizioni, di antiche ville, di strade e di sentieri, nel passato meta turistica di bolognesi, per la maggior parte, ma anche di toscani.
Sasso, pur avendo grandi opportunità, non è stato capace di pubblicizzare le sue enormi ricchezze naturali, storiche e culturali, capaci di dare un enorme impulso al turismo, vedi: – Fondazione Marconi e museo Marconi – L’acquedotto romano – Le ville – Palazzo RossiLa Rupe – Monte Adone – Il potabilizzatore – le cantine e decine di splendidi sentieri.
Le strutture per soddisfare una larga domanda turistica ci sono già, alberghi con posti letto, ristoranti, trattorie, agriturismi, affittacamere, e Bed & Breakfast, e se è vero che turismo è uguale a ricchezza, occorre che ogni singolo operatore faccia la sua parte, sfruttando le potenziali risorse che il Comune già possiede.

tratto da “Sasso e dintorni” n.20