Sportivi di ieri

Questa è una bella storia. La storia di chi a Sasso Marconi ha saputo andare un passo più in là, verso il mondo dei sogni, dei desideri, della speranza.
Verso quel mondo fatto di lacrime, sangue e fatica, di duri allenamenti e giornate coi piedi nel fango, quando gli amici magari se ne andavano al bar per una briscola e un bicchierino e loro, con fede incrollabile, rimanevano sul campo. A sudare e sognare di colpire la palla più lontano, di correre un po’ più veloce e di non forare le ruote dopo la curva.
Lo sport per eccellenza in Italia è il calcio ed anche noi a Sasso ce ne intendiamo. Sin dagli anni tenta la nostra squadra ha fatto parlare di sé, tra le sue file hanno militato tantissimi Ragazzi del luogo che con amore e passione ci anno creduto. Paolo Pozzi ( che di chi scrive è padre ) Militò nelle file del Sasso nel 1958, per poi passare alla serie C, nei ranghi del Castenaso fino al 1961. Il suo futuro sembrava già Segnato, ma durante il servizio militare avvenne l’impensabile: uno dei quei giochi del destino che ti auguri non avvenga mai. Durante una partita a Siena nel 1962 un gravissimo incidente lo costrinse in coma per oltre un mese, ponendo così fine al sogno di passare magari al Bologna e chissà … Vincere quello scudetto con chi giocava in paradiso. Vi assicuro che per Pozzi il calcio è rimasto un pezzo di cuore; un sogno meraviglioso ed ha saputo insegnare alle sue figlie che se ci credi ci sei già un po’ dentro. Ma la storia, come si sa, non si fa coi se e i ma. Chi invece non ha usato se e ma, anche se ancora giovanissimo! E’ stato di certo Andrea Tarozzi: promessa del Sasso prima e del Bologna poi. Andrea ce l’aveva nel sangue e sotto i piedi, il pallone e non si è mai risparmiato, restando “uno di noi” nonostante fosse davvero diventato “calciatore”, ha sempre mantenuto il sorriso allegro e sincero di chi ci crede per davvero. E’ stato un forte difensore molto amato dal pubblico e da quel signore che di Cognome fa Ulivieri; ha poi militato col viola della Fiorentina vincendo anche una Coppa Italia. Ha poi giocato nel Padova e nel Sassuolo, dove ha deciso di “fermarsi” a fare il manager.
Di certo l’altro sport che l’Emilia ha nel sangue sono le due ruote e la squadra dell’ENAL, fondata nel dopoguerra ha saputo creare atleti che sono andati alle soglie del professionismo e che hanno volato veloci su quelle ruote così pesanti, così diverse dalle super tecnologiche bici di oggi: quando avevi la bottiglia di vetro come borraccia, il cappellino al posto del caschetto e la camera d’aria attorno alle spalle, quando il ciclismo era in grado di fermare anche le guerre civili.
La squadra mieteva successi nel dopoguerra e nel 1957 Guido Cevenini vinse il campionato regionale Uisp.
Le biciclette di allora era pesanti, ma leggeri e spensierati erano i cuori di chi le guidava.
Altra storia quella del podismo: nel 1942 Alfonso Monari diventa campione italiano dei 7000 mt. Regalando a tutto il paese l’illusione delle Olimpiadi. Ma anche per lui le cose non andranno proprio come previsto: a fermarlo sarà la follia dei sei anni più lunghi e bui della storia del mondo. La seconda guerra mondiale non consentirà allo spirito decoubertiano di trionfare. Al termine della guerra la vita riprese ed anche lui non smise mai di correre. Ho avuto l’onore di conoscerlo, “Fonsino”, come lo chiamavano amorevolmente i suoi cari: ogni giorno, per tutti i giorni della sua vita, ha continuato a correre e camminare. Lo vedevo uscire di casa, col bastone. Chissà, forse cercava di sentire ancora le grida di incitamento, l’acido lattico nei muscoli, o forse, solo, ha voluto continuare a crederci. Perché è la passione che spinge questi uomini, questi “eroi”, infaticabili e senza tempo.
Il 23 agosto 1971 un gruppo di appassionati fonda la società sportiva di Baseball, il gioco americano per antonomasia che in realtà a Sasso ci si trova così bene che non solo dal suo vivaio ha mandato giocatori in nazionale ma ha lanciato la squadra, nei primi anni novanta, in A2.
Nel 1975 subì un grandissimo lutto: Umberto Valmarana, diciassettenne bolognese giocatore del nostro monte, perse la vita tragicamente, prima di un temporale. Venne colpito da un fulmine che stroncò la sua giovane vita e per poco non portò i dirigenti allo scioglimento della società. Ma supportati anche dalla famiglia andarono avanti ed oggi il campo di gioco è dedicato proprio alla sua memoria.
Negli anni quaranta a Bologna il rugby faceva scuola in Italia, i “ragazzoni” ci davano l’anima sul campo ed in mezzo alle acca e tra loro ne spiccava uno, non solo per l’altezza ma anche per bravura: si chiamava Ipo Aldrovandi ed era di Sasso Marconi.
Tutti lo ricordiamo col camice bianco sempre disponibile,nella mia memoria è vivo il suo ricordo: gli arrivavo a malapena alla ginocchia e credo di essere stata pesante giusto come la palla ovale. Ma quando era sul campo la storia era diversa.
Ha lottato come un leone e per poco non vinse il campionato italiano. Come tantissimi altri rugbysti ha trasmesso la passione del gioco e della “battaglia”, la voglia di lottare e portare la palla all’indietro ai suoi tanti figli. Tra tutti di certo dobbiamo ricordare, Ulisse e Nicola, che nel 1995, con 4 mete, ha partecipato alla ormai “mitica” coppa del mondo. Quella di “Invictus”, per intenderci …

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