La chiesa di Sant’Andrea di Rasiglio

Testo scritto da Carla Cenacchi tratto dalla “Guida sentimentale di Sasso Marconi”

Ottobre 1951 – La maestrlna appena diplomata, arriva in Vespa nel paesino di montagna, a nove chilometri da Sasso Marconi, per fare una supplenza che lei sa già essere piuttosto lunga.
È arrivata presto. Il giro del paese che non conosce lo vuole fare prima d’entrare in classe, ma una volta arrivata in cima alla salita, si accorge che le prime tre costruzioni – chiesa, bottega e scuola – formano tutto il paese di Rasiglio.
È un cocuzzolo graziosissimo, fa venire in mente la poesia di Rio Bo. Si guarda attorno, sorride da sola, ha già conosciuto tutto il paese e allora entra in chiesa.
La chiesa, non molto grande, internamente è molto raccolta e ha un’elegante architettura, oltre che dipinti molto belli. Sembra vuota, ma poi, mentre la ragazza vorrebbe raccogliersi in preghiera, parlare col Cristo sull’altare a voce alta come già il Don Camillo di Guareschi aveva insegnato, s’accorge che qualcosa non va.
Sulla pedana dell’altare c’è un prete coi paramenti e sembra stia finendo di celebrare la Messa, ma ha una mano sulle spalle di una donna, anche lei appoggiata all’altare e anche lei con un braccio cinge la vita del prete. Ma una donna non può dire Messa: e allora? È evidente che sono due persone anziane quelle là, ma proprio sull’altare dovevano andare ad abbracciarsi?
Quella donna sta aiutando un prete paralitico a scendere dall’altare perché ha finito di celebrare la Messa: quella donna aiuta e porta di peso quel prete sulla sedia a rotelle.
La ragazza ora si rende conto che sta assistendo ad una scena che gonfia l’animo per la commozione destata da tanta generosità, da tanta abnegazione, da tanto coraggio e forza fisica; e invece lei, un attimo prima, ha pensato cose sacrileghe!
È diventata rossa, ma la penombra della chiesa nasconde bene questo rossore esterno; così, quando quella donna vicino al prete si gira, le chiede se è la nuova maestra e le dice che, se vuole, può accomodarsi in canonica a prendere un caffè con loro, perché questa è l’abitudine lì a Rasiglio. Il prete, Don Angelo, le presenta poi la sorella Fagusta e la maestrina scopre così che questa donna ha dedicato la vita al fratello obbligato da vent’anni alla “sedia” a causa di una paralisi ed è da vent’anni che lo aiuta nelle funzioni religiose infrasettimanali. La domenica sono i parrocchiani uomini
\ che accompagnano il loro parroco all’altare, l’aiutano dall’altare
alla “sedia” e lo riportano in canonica.
Fu un’esperienza stranissima per quella maestra, fu un primo giorno di scuola indimenticabile, il fascino di quella chiesa, esistente già nel XIII secolo e poi ricostruita col campanile nel 1840, lo si vede e lo si sente anche solo guardandola da lontano. Come ci si arriva? In due modi: da Sasso la strada è più breve e, appena lasciata la Porrettana, seguendo le indicazioni per Mongardino, si oltrepassa la “Grotta”, si scende brevemente e si giunge alla Via Rasiglio, che si trova sulla sinistra.
Venendo da Bologna invece, si sceglie la Bazzanese e ci si inoltra verso Calderino. Alla fine di questa borgata si devia a sinistra (seguendo le indicazioni per Mongardino) poi, passando un piccolo ponte, si costeggia il torrente Olivetta per alcuni chilometri, fino ad arrivare alla Via Rasiglio, che si trova sulla destra. Ecco, è da questo bivio che ci si inerpica è si arriva alla chiesina, e per vederla e goderne la bellezza esterna, su quella piazzetta di antichi ciottoli, ci si può sedere su una specie di murettocornicione. È guardandosi intorno, quasi sospesi nel vuoto, che ci si sente trasportati nel passato. È lì su quella piazzetta, seduti su quel muretto, che ieri come oggi, si ascoltava e si ascolta il concerto di campane.

Le quattro campane del vecchio campanile detenevano il mortificante primato di essere considerate le più scadenti dei dintorni. In seguito alla rottura di una di esse, avvenuta nella primavera del 1940, i parrocchiani di Rasiglio si armarono di coraggio e buona volontà, e decisero di realizzare un desiderio che da anni e anni covava nel loro animo; far fondere il loro infelice “doppio” per ricavarne uno migliore. Le offerte furono raccolte in pochi mesi, e nell’agosto del 1940 i vecchi bronzi uscirono miracolosamente ringiovaniti e melodiosi, oltreché aumentati di mole dalla Fonderia Brighenti di Bologna. La sera del 14 agosto le campane furono trainate fino alla chiesa da un pittoresco “tiro” di sette paia di manzi parati a festa. Vennero collocate sul sagrato ove rimasero fino al pomeriggio del 16, giorno in cui furono solennemente consacrate da Sua Eminenza Reverendissima, il Cardinal Nasalli Rocca.
La sera stessa, all’imbrunire, erano già sulla torre, pronte per “i primi doppi” che echeggiarono festosi e argentini per le colline circostanti con viva gioia dei parrocchiani.
La celebrazione del primo centenario della chiesa sarebbe caduta il 30 novembre 1940, ma per farne coincidere i festeggiamenti con la Visita Pastorale fissata per il 20 luglio 1941, si stabilì di tenerla in tale giorno. Nel 1938 con l’aiuto del Parroco e dei parrocchiani, era stato installato nella chiesa, nella canonica e nel campanile l’impianto della luce elettrica.

Ancor oggi le campane suonano per la festa del 20 luglio, e ogni anno si riuniscono sempre più persone intorno al campanile, assistendo alle funzioni della Santa Messa al mattino e alla Processione del pomeriggio verso il vicino cimitero. Anche il 30 novembre un piccolo
gruppo di rasigliesi si ritrova insieme a Don Edoardo Magnani (il\ parroco di almeno quattro parrocchie vicine) nella chiesina per la Santa Messa, poi in canonica per una bicchierata accompagnata dalla pizza.
Per abitudine usiamo il diminutivo quando parliamo della chiesina di Rasiglio ma allora, nel 1840 quando fu ricostruita, superava in ampiezza e decoro le altre dei dintorni e, della sua bella forma architettonica, ebbero a compiacersi, in occasione delle loro visite Pastorali, Eminenze Reverendissime di tre Arcivescovi di Bologna: il Cardinal Svampa nel 1903, il Cardinal Dalla Chiesa nel 1910, e il Cardinal Nasalli Rocca nel 1925. La facciata del Tempio, dalle linee semplici ed eleganti, è volta a mezzogiorno. L’interno, tutto bianco ma ben chiaroscurato da una felice disposizione di luce, è ad una sola navata con soffitto a volta e due cappelle laterali, //presbiterio ha la copertura a catino, sostenuta da quattro colonne, e sotto il catino decorato da pitture murali è posto l’Altar Maggiore, di finissima scagliola. Lo stallo del coro, in legno di noce e di pregevole fattura, è sormontato da un quadro di Angelo Lamma, pittore del secolo scorso, che rappresenta al centro il Martirio di Sant’Andrea Apostolo e ai lati le figure dei due Compatroni San Rocco e Santa Lucia. In alto, sul cornicione, spiccano due statue d’Angelo che sorreggono un medaglione raffigurante l’Eterno Padre scolpito in rilievo. Nell’Altar Maggiore, sopra il Ciborio, entro un grazioso tempietto a cupola e a colonnine, troneggia il Crocefisso. Nella parete sinistra della navata, sopra la porta detta “degli uomini”, è appeso un grande Crocefisso di legno a cui fa riscontro, nella parete dirimpetto, una bella tela in cornice, raffigurante lo sposalizio di Santa Caterina. La chiesa è provvista di due confessionali; ai lati del presbiterio figurano due eleganti cantorie, di cui una fornita di organo (funzionante ancora oggi perché accordato di recente). Nella sagrestia abbastanza ampia e decorosa, si ammirano un monumentale e magnifico armadio di noce per gli arredi sacri, una bella statua di Sant’Antonio Abate e una più piccola di Sant’Antonio da Padova.

Tutto ciò che è scritto in corsivo è stato tratto dal libretto “Al compiersi di un primo centenario”, un opuscolo ingiallito dal tempo, conservato molto bene, trovato e avuto in prestito, dopo varie ricerche, da Teresa Nuccl, nipote del parroco Don Angelo. Teresa, l’amica carissima, andava spesso ad aiutare gli zìi già anziani vivendo con loro nella canonlca della Chiesina, negli stessi anni lontanl – 1950/1953 – quando pure la maestrina-rimaneva in pensione, causa la neve, in quella canonica.
Non sl può parlare così a lungo di una bella chieslna, senza aggiungere dati che ancora l’opuscolo fornisce, come dati scritti dagli stessi parrocchiani nell’anno 1941.

Vive ancora fra di noi e per noi don Angelo Cavaciocchi, da trentanove anni parroco di Rasiglio, caro a tutti per la sua bontà, per il suo ingegno e per la sua attività instancabile. Chi non lo ricorda sempre in moto, sempre pronto a portare in Parrocchia e fuori l’ausilio del suo Ministero? A chi non sembra di vederlo ancora percorrere e ripercorrere a piedi, instancabilmente, le strade e le viottole dei nostri monti? La sua cordialità schietta e serena non si è spenta neppure dopo la paralisi che improvvisamente lo colpì sei anni or sono e che Egli accettò con devota rassegnazione ai voleri di Dio. ll Signore ha voluto premiare in seguito questa sua rassegnazione mitigando alquanto la sua infermità, permettendogli di riprendere il suo Ministero e di farsi persino animatore dei lavori e dei preparativi per il primo centenario della Chiesa Voglia Iddio conservare ancora lungamente all’affetto dei parrocchiani questo zelante Sacerdote.
Dieci anni dopo, nell’ottobre del 1951, una maestrina entrava in quella chiesa…
Oggi… 62 anni dopo – novembre 2013 – la stessa persona scrive per una guida sentimentale, ricordando con affetto persone e luoghi a lei molto cari.

Carla Cenacchi