Tratto dal semestrale n.5 “al sas” del Gruppo di Studi “Progetto 10 Righe”
“La malattia è certa, la disposizione è mortale, la qualità non ben conosciuta”
di Pier Luigi Perazzini
Tra la documentazione fatta raccogliere dal cardinale arcivescovo Oppizzoni in occasione dell’indagine sui tumulti avvenuti al Sasso nel gennaio del 1822 (1), vi sono anche due interessanti relazioni tecniche e una significativa memoria degli Assunti di Governo indirizzata allo stesso Arcivescovo (2). Si tratta di due perizie eseguite nel 1787 sulle condizioni del Santuario della Madonna del Sasso, allora scavato nella roccia della Rupe, e intorno alle condizioni della Rupe stessa. Stralci di queste perizie sono state pubblicate a suo tempo dai maggiori autori che si sono occupati della storia dell’antico santuario o della Rupe del Sasso (3), ma può essere utile conoscere queste relazioni nella loro interezza per ricavarvi informazioni più complete e precise sullo stato della rupe alla fine del sec. XVIII e, perchè no, a nche per conoscere il grado di preparazione, la competenza specifica, le capacità e le conoscenze tecniche degli architetti del tempo.
La prima relazione, che è sottoscritta dai periti architetti Gian Giacomo Dotti e Francesco Rossi, risulta redatta il 10 febbraio 1787:
Visita fatta alla Chiesa della Beata Vergine detta del Sasso Li 10 Febbrajo 1787
La Chiesa dedicata a Nostra Signora, chiamata “del Sasso” posta nel Comune di Praduro e Sasso, costeggiante la strada maestra di Saragozza, che da Bologna passa a Pistoia, dicesi, che sia in pericolo di rovinare. Tanto gli Ill.mi, ed Eccelsi SS.ri di Governo, a quali spetta, che il cam[m)ino Pubblico non venga pregiudicato, quanto il Nobil Uomo Sig.r Marchese Gian Paolo Pepoli presentemente compadrone della sudetta Chiesa, hanno comesso a noi s ottoscritti Pubblici Periti di portarci sù la faccia del luogo, per ivi visitare, e rilevare se pur siavi malanno, ed in seguito suggerirne il rimedio.
Diamo sfogo alla comissione, primieramente col dire, che questa Chiesa, coll’annesso Oratorio è stata formata con mazze, e scalpelli entro il masso di quell’alto monte tutto di macigno per la larghezza di piedi 27; ed indi fù pure escavata l’abitazione del Rettor Capellano, in larghezza, dove piedi 18, dove piedi 16, e dove piedi 10; ed in lunghezza, frà Chiesa, Oratorio, e parte dell’abitato del Capellano di piedi 52. Il volto che copre tanto la Chiesa, che l’Oratorio ecc. è già formato con scalpello nel medesimo macigno, d’irregolare forma, e figura. In tutto questo gran spazio vi sono stati formati, tanto per il lungo, che per il largo, a seconda dei diversi usi, dei muri divisori, in parte de quali vi si osservano diverse crepature: muri molto sottili, e non atti a sostenere l’eccedente peso, che vi s’innalza sopra che in sostanza è tutto il masso del monte, che noi crediamo di altezza ben 160 piedi.
In seguito siamo passati ad esaminare una vistosa crepatura nel volto, che dicesi avere origine da non pochi anni addietro, ma che nei passati giorni siasi non poco dilatata.
Questa si riconosce nell’interno della Chiesa, Oratorio, e porzione dell’abitato del custode, per la lunghezza dei detti piedi 52, in distanza dal muro di facciata della Chiesa piedi quattro, più, e meno.
Ci venne pure asserito, che nell’interno della Chiesa, ed appunto del volto lungo detta crepatura, per la lunghezza di piedi 18, precipitasse una falda di macigno sul pavimento della Chiesa, pochi giorni addietro.
Non abbiamo ommesso di osservare il muro di facciata, tanto della Chiesa, che dell’Oratorio, e casa del Rettore Capellano, muri, che sostener dovrebbero l’esorbitante carico, che sopra vi esiste di quella porzione di monte, in altezza, come si è detto piedi 160 circa; ma questi muri, rapporto a quello della Chiesa, per la metà egl’è dello stesso macigno del pesante monte; ma di grossezza oncie 20 sole; il rimanente muro della predetta facciata è fabbricato con sassi in calce di grossezza oncie 14, e oncie 18, grossezze tutte come si è detto non sufficienti a sostenere il gravosissimo carico, che vi s’inalza sopra. Da tutto il sin qui descritto stato di questi edifizj, e segnatamente dalla notata crepatura nel volto alquanto dilattatasi ultimamente, abiamo tutto il fondamento di temere, che quel tratto di grossezza di monte, il quale rimane fra la medesima crepatura, ed il sudetto muro di facciata tenda a precipitare.
E però crediamo necessario, che colla possibile sollecitudine si costruiscano dei piloni di grossezza piedi 4 per ogni lato, distanti l’uno dall’altro, non più di piedi otto, sopra dei quali si facciano degl’archi larghi piedi quattro nel semicircolo alti piedi due, sotto, ed a cavallo della crepatura, a sostentamento di quella parte di monte rilasciata. Che se il distacco del monte è perpendicolare, noi siamo di sentimento, che si avrà posto riparo al malanno. Se poi questa parte di monte tende a rovinare obbliquamente dalla parte della facciata, e pubblica strada, non sappiamo suggerire verun riparo, per essere la pubblica strada appena capace pel transito di un carro, e però su quel suolo non si può errigere verun muro, o speroni, senza perdere il cam[m]ino; onde succedendo (che il potente Iddio nol voglia) simile rovina, si è più che certo, che si andrebbe a perdere non solo la Chiesa, e suo Santuario, ma anche resterebbe intercetto il cam[m]ino pubblico da quella materia, che non fosse sbalzata nel torrente Reno, che costeggia la stessa strada.
Il che è quanto possiamo riferire a sfogo della Commissione, nell’atto, in cui con profondo rispetto ci sottoscriviamo.
Gian Giacomo Dotti Perito per parte dell’Eccelsa Assunteria di Governo Francesco Rossi Perito per parte di Sua Ecc.za Sig. Marchese Gian Paolo Pepoli
Dell’esito di quella visita, e del pericolo incombente, veniva prontamente informato il cardinale Arcivescovo, chiedendo anche la sua collaborazione.
É possibile infatti che vi fossero resistenze da parte del marchese Pepoli a voler cercare di porre un qualche rimedio a quella situazione, e che anche il rettore del Santuario, sottovalutando il pericolo, si rifiutasse di prendere in considerazione l’eventualità di dover abbandonare la chiesa nella roccia:
Memoria
All’Eminentissimo, e Reverendissimo Signor Card. Arcivescovo degli Assunti di Governo
Informati gli Assunti di Governo di essersi recentemente scoperta una vistosa crepatura nel volto della Chiesa della Beata Vergine così volgarmente detta “del Sasso”, e ragionevolmente prevedendo, che ove non si fosse procurato di recarvi sollecito riparo, ne avrebbe potuto in conseguenza provenire la caduta della Chiesa medesima, e del grande masso sovraposto alla medesima, e dentro cui è scavata; e quindi rimanere dalle ruine intercetta, e chiusa la strada esistente a piedi di detta Chiesa, che costeggia in quel luogo il torrente Reno, furono solleciti di far immediatamente eseguire a detta Chiesa una visita dal pubblico perito architetto Gian Giacomo Dotti unitamente, e di concerto coll’altro perito Francesco Rossi deputato dal Sig. Marchese Gioan Paolo Pepoli odierno compadrone della Chiesa medesima, per rilevare lo stato del pericolo, e a un tempo quali potessero essere i mezzi più addattati per ripararlo. Il risultato della visita è stato: che realmente esiste la detta vistosa crepatura scopertasi da alcuni anni a questa parte, e nei passati giorni maggiormente dilattatasi: che, posta la medesima, si ha tutto il fondamento di temere, che quel tratto di monte, il quale rimane frà essa, ed il muro di facciata della Chiesa tenda a precipitare: Che non può bene decidersi, se il distacco del monte sia perpendicolare, ovvero tenda a rovinare obliguamente dalla parte della strada, che nel primo caso il rimedio potrebbe essere di costruire alcuni piloni con sopra degli archi a sostentamento della parte di monte rilasciata, ma nel secondo non si sà vedere riparo veruno per esser la strada pubblica capace appena del transito di un carro, onde sù di quel suolo non si potrebbe erigere muro, o sperone alcuno senza perdere il cammino; e perciò, succedendo la temuta ruina, non solo rimarrebbe dirocata quella Chiesa, e quel Santuario, ma verrebbe affatto tolto il pubblico transito dalla materia, che rimanesse sù la strada, ne fosse caduta nel torrente Reno.
In questo stato di cose pertanto, certo essendo per una parte il timor del pericolo, e per l’altra venendo esso minacciato dall’imminente appresa ruina di un fondo di ragione del prelodato Sig. Marchese Gioan Paolo Pepoli, e spettando quindi ad esso il ripararesi; gli Assunti di Governo, a quali per proprio instituto appartiene l’invigilare alla conservazione delle pubbliche strade, e che particolarmente hanno a cuore quella, di cui si tratta, tanto importante, e necessaria pel transito, e passaggio degli abitanti delle moltissime Comunità superiori, e pel commercio della confinante Toscana colla nostra Provincia, non possono restare di far le più efficaci premure, onde per parte di detto cavaliere si eseguisca immediatamente quanto può convenire a pubblico comodo, vantaggio, e sicurezza.
All’Eminenza Vostra Reverendissima perciò umiliano le vive loro suppliche, acciò voglia Essa pure interporre la Sua autorità per un’oggetto di tanta rilevanza, e che non soffre dilazione veruna;
Con che affidati pienamente al cognito Suo zelo, alla Sua benignità, ed amore pel pubblico bene profondamente s’inchinano al bacio della Sagra Porpora.
È evidente però che dovevano permanere ancora molti dubbi sulla effettiva pericolosità della situazione, e anche molte perplessità su come porvi rimedio, se il mese successivo il Senato incaricò di un’ulteriore perizia anche l’architetto Francesco Maria Tadolini. Il Tadolini si recò alla Rupe il 10 marzo, salì sulla vetta, scese alla sua base, esaminò, valutò, fece alcuni saggi, e quindi preparò e presentò al Senato bolognese una precisa e puntuale relazione:
A dì 10 Marzo 1787
La Strada detta di Saragozza, che da Bologna và alli Bagni della Poretta, costeggindo il Reno arriva nel sito, ove il torrente Setta si unisce col Reno, incontrandovi un alto, e scosceso monte tutto di sasso, tagliato dalla natura perpendicolarmente, e quivi in un alta situazione sopra il fondo del Reno, se li adattò la strada predetta incavata orizontalmente nel masso, attraversando così quell’alto, e smisurato sasso. In quell’istessa situazione, e nel piano di detta strada ammirasi con stupore escavato con mazza, e scalpello entro il gran monte, la Chiesa dedicata alla B. V. detta del Sasso, assieme con l’Oratorio, e la casa del Rettore, che tutto insieme forma uno spazio di lunghezza piedi 86 circa, internato nel gran masso ove piedi 28, ove piedi 26, ove piedi 16, ed ove piedi 9.
Poco tempo fà cadette un pezzo di falda dalla suffitta della Chiesa di non indifferente grandezza, che se fosse caduta il mattino giorno di domenica, come caddè ad un ora di notte, non potea a meno, che perisce un buon numero di persone, che ivi affollate ritrovavasi, ammirando così li prodigi della gran Vergine. La caduta di questa pietra hà cagionato un grave timore di qualche altro fatale avvenimento; e quindi gl’Ill.mi ed Eccelsi SS.ri Assunti di Governo si sono degnati di comandare a me infrascritto, acciò colà mi portassi per osservare con ogni diligenza tutti gli edifici, e poscia riferire il mio sentimento.
Perciò il giorno suddetto trasferitomi sul luogo, e prima entrato nella Chiesa ho osservato, che ove si è staccata la falda caduta, vi è una notabile creppatura, che hà orrigine verso la sagristia, e và al longo di tutta la Chiesa, e continova per l’Oratorio, e proseguisce buona parte per la casa del Rettore. Accostatomi a questa creppatura, la quale si scorge anche nell’esterno caminando al traverso del sasso, ove feci qualche saggio, per esplorar la sua direzione, e quindi ravvisai aver questa l’apertura di una lunga falda staccata dal gran sasso, che incomincia verso la sagristia in distanza dal muro della Chiesa, che costeggia la strada da piedi 7 circa, proseguendo per la lunghezza di piedi 50 sfuggendo all’infuori, prendendo quasi una figura piramidale. Ho osservato, che pochi anni sono è stato fatto due pilastri per collocarvi la Campana, e per guadagnar sito è stato fatto un incavo nella stessa falda, ove poi si vedono creppature in essa perpendicolari di poco tempo nate. Salito sull’alto Monte per osservare se altro male si scopre, mà nulla di danno colà hò potuto rinvenire. Sceso dal monte, mi sono portato nel fondo del Reno per osservare la natura, la forma, e figura dell’alta montagna, e qui si vede manifestamente tanti strati orizontali, che sembrano tante pietre quasi direi di un pezzo solo sopraposte une all’altra, i piani orizontali delle quali inclinano piùtosto verso il monte, che di più non si farebbe, se si volesse formar con arte un si fatto masso con smisurate pietre; onde con sì ben composta forma, pare che si possa persuadere della sua fermezza. Non mancai di salire ove sono certe grotte, nelle quali escavano le pietre i scalpellini per osservare la natura del sasso, e le sue qualità entro il seno del monte, e lo ravvisai quale nell’esterno si scorge; cioè di tanti strati di macigno ora più forti, ora meno sovraposti orizontalmente uno sopra l’altro: con tali osservazioni parmi di dover dedurre cosi: se la struttura del Monte è un ammasso di Pietra una sopra l’altra, una volta che si escavi sotto di esse in tal lunghezza, e così internata, facilmente se ne può sfaldar qualche parte superiormente all’escavazione. Di fàtti la longa crinatura sù indicata, che scorre per la Chiesa, e l’altra accennata, ed il pezzo caduto li giorni scorsi, che altro può dirsi, se non che si grave, e smisurato pezzo sij dal masso staccato? Tanto ne avvisa ancora li muri, che formano l’esterno, e li divisorj di tali edifici alquanto deboli sottoposti al grave peso, i quali hanno gran stancia spessa, e diverse crinature, provenienti non già da fondamenti, per esser questi piantati sul duro sasso, ma bensì dal grave peso del pezzo staccato, che si schiaccia, onde con ciò vi è fondata ragione di temere di un fatal precipizio.
Non oserei di dire, che tutte queste creppature forse nate da poco tempo a questa parte, anzi sono ben persuaso, che abbiano origine assai lontana; dirò bensì, che le creppature significano distacco nel modo sù indicato, deve produr caduta; e se ciò è vero, egl’è altresi vero, che quanto più sono antiche le creppature, tanto più deve esser vicina la caduta; e intanto non è seguita forse, perchè que’ pochi muri, o altra causa remota l’avrà impedita; mà ora che questi muri sono ormai resi insussistenti, ecco che nuovi segni, e nuove minaccie si manifestano, e in modo tale, che non sono, a mio credere, da dissimularle.
Quì certamente non si è mancato di fare degli esperimenti con gesso, stuccando qualche parte delle creppature, tanto nel masso, che ne’ muri, e certamente in questi pochi giorni da che sono state fatte, niente si è potuto scoprire; mà chi sà, e chi può sapere se voglia disporsi lentamente al precipizio, e ne abbia a dar nuovi mottivi; quanto a me inclinarei al contrario; imperocchè ogni volta, che si disponesse a nuovo benchè piccol moto, chi può assicurarsi di qualche intermitenza di tempo, ma che piuttosto in un sol punto precipiti?, e se ciò seguisce, non sarebbe un caso fattale? Vero è, che tutte queste cose sono congetture, che non hanno principii del tutto certi, ma hanno bensì tanto di verisimile, che mette in una positiva necessità di pensare al riparo. Ma qual riparo? e qual rimedio vi sarà di applicarsi ad un simil male? Altro non saprei suggerire per il più breve, il più espediente, e il più efficace, che quello di appigliarsi all’abbandono di tal situazione, permutandola altrove,rimedio per vero dire quanto è facile, altrettanto sicuro, e forse di maggior utile, e minor spesa, e se altro, o altri ne dovessi suggerire, confesso il vero, che tanto strana, e imbarazzante mi sembra la facenda, che crederei si dovesse regolare come in una mortal malattia non ben conosciuta dal medico, per cui si viene al consulto di molti medici; così nel caso nostro la malattia è certa, la disposizione è mortale, la qualità non ben conosciuta: dunque un consulto di esperti professori potrà suggerire quel sicuro riparo da dettarsi ad un si fatto male; e solo mi preggerò dell’alto onore di umigliare alle SS.rie VV. Ill.me, ed Eccelse queste qual siansi riflessioni a più saggi, e perspicaci talenti nell’atto, con cui con profondo ossequio devotissimo mi sottoscrivo
Francesco Maria Tadolini Architetto pubblico
Oramai non vi era più dubbio sulla pericolosità del luogo e sulla necessità di rimuovere con urgenza la Beata Vergine dal Santuario del Sasso. Dopo un consulto tra l’Arcivescovo e gli Assunti di Governo, alla presenza e con la consulenza dei periti Tadolini e Dotti, il 19 aprile veniva presa la risoluzione, previo l’accordo del conte Ranuzzi, di trasferire la sacra Immagine nella cappella della sua villa nel Borgo del Sasso (4).
Il 13 maggio 1787, in solenne processione, con l’accompagnamento di molti religiosi delle parrocchie vicine e un grande concorso di fedeli e curiosi, la Madonna del Sasso veniva trasportata dalla Rupe all’oratorio di villa Ranuzzi al Borgo (5).