Testo tratto dalla “Guida sentimentale di Sasso Marconi” Le donne raccontano: luoghi, storie, paesaggi.
I castagneto di Mezzana è unico nel suo genere e non solo nei miei ricordi,
Pare essere l’unico in tutta la Regione a soli 180 metri sul livello del mare e ancora l’unico a svilupparsi tutto in piano. Cinque ettari di piante con tre secoli di storia impigliati tra le fronde. II castagneto è imponente e forte. Ombroso, ma non buio. Accogliente in ogni stagione.
Particolarmente suggestivo mentre lo attraversi e, ancor prima, mentre lo raggiungi dalla vicinissima Porrettana in località Borghetti, qualche chilometro dopo il Mausoleo di Marconi.
Sembra un luogo incantato, certamente contagiato da quella quiete che non a caso ha ispirato il nome della villa adiacente. Il merito di avere spianato due colline, creando l’altipiano sul quale fu edificata l’abitazione e lì accanto crebbero rigogliosi oltre trecento castagni, va all’abate Belloni.
In attesa di quello “lassù”, l’intraprendente religioso si costruì un piccolo paradiso “quaggiù”, con tanto di vista su San Luca,
Un eden di tutto rispetto, eletto da me e dalla mia amica, meta preferita per confidenze, sogni ad occhi aperti e fughe dai rispettivi fratelli.
Arrivavamo lì a cavallo: due bimbette sullo stesso paziente vecchio pony, che attraversava la distesa dei campi intorno con un’andatura ballonzolante.
Una volta a destinazione, Pino, il nostro mezzo di trasporto, grassottello e pezzato, se ne stava libero a brucare nel sottobosco del castagneto, lasciandoci a fantasticare su quello che le nonne ci raccontavano di questi luoghi, soffermandoci spesso sul tempo in cui la villa ospitò una scuola di canto lirico. Ci avevano raccontato di cantanti in abiti sontuosi, decisamente più decorosi dei nostri pantaloni corti. Nella nostra immaginazione ammiravamo donne con tanto di ombrellino, intente a gorgheggiare sparse qua e là dietro gli alberi, oppure comodamente sedute nel belvedere con vista laggiù, sul mondo reale.
Ce le immaginavamo emettere acuti, che noi cercavamo di imitare, con lo scarsissimo risultato di far sobbalzare il vecchio pony. La fantasia galoppava sempre, oltrepassando a volte i muri della villa. A quei tempi non avremmo immaginato che, avanti negli anni, quel luogo sarebbe stato teatro di una vera storia finta, cioè di un film. Non con gli attori stranieri dei quali, ancora adolescenti, eravamo innamorate perse, bensì di un set di Pupi Avati, regista di casa a Sasso e dintorni.
Che dire? Addio quiete nel “nostro” castagneto!
Il film in questione si intitolava “II testimone dello sposo”. Noi non andammo mai a vedere le riprese, a differenza di tanti autoctoni, Molti abitanti della zona, infatti, erano diventati gli efficientissimi trovarobe della produzione, recuperando in cantine e fienili oggetti e attrezzature varie di inizio Novecento. Alcuni, i più arditi, si prestarono anche come comparse.
Gli aneddoti si sprecavano, le risate non mancavano mai. La quiete di sicuro.
II castagneto in quel periodo era più trafficato della Porrettana: auto, attrezzature, macchinari vari e di nuovo, finalmente, carrozze, calessi e cavalli! Non come il nostro malandato Pino, ma imponenti, nervosi, scattanti cavalli da tiro.
Senza contare il popolo dei soliti “curiosi”, affascinati e accalcati lì intorno: sarebbe davvero valsa la pena di andare a ficcanasare, giusto per riprendere le facce incantate da quel dietro le quinte, proprio dietro casa. Insomma c’era da fare un film nel film,..
Poi tutto tornò come prima: terminarono le riprese, ma non lo spettacolo.
Spettacolo che negli ultimi anni si celebra con un evento. In autunno il castagneto offre sempre una “prima visione” che merita davvero la passeggiata fin lassù! La Sagra del Marrone Biondo, star indiscussa dei Colli Bolognesi, è infatti l’occasione per assaggiare e acquistare, ma soprattutto per sbirciare intorno, dentro e fuori, la Quiete, sulle note di un concerto. Lirico, naturalmente.
Autrice
Annalisa Ventura
Approfondimenti nel sito:
Villa Quiete di Mezzana