Testo tratto dalla “Guida sentimentale di Sasso Marconi” Le donne raccontano: luoghi, storie, paesaggi.
Autrice Sandra Federici
Era la prima sera che Andrea mi portava a casa sua, a Sasso Marconi, un giorno di giugno di 19 anni fa. Percorrevamo in macchina la Porrettana e, dopo Pontecchio, lui disse: “Adesso ti porto a vedere la via più bella del mondo”.
“Del mondo?!” dissi io.
“Del mondo”, chiuse lui con certezza indubitabile, e svoltò a sinistra per Via Maranina.
Era ormai sera, e nella luce d’inizio estate vidi quella piana coltivata che si stendeva per uno spazio immenso, sfolgorante di grano da una parte ed erba medica dall’altra, con le colline in fondo a chiudere la scena. Percorremmo la stradina bianca di ghiaia passando alcune case: la villa Sant’Anna, la casa della famiglia Zamboni, la Ca’ Vecchia, la Villa Maranina.
In seguito imparai a conoscere quei luoghi, abitati da amici di famiglia di Andrea. In particolare l’antica villa Maranina, la cui anziana proprietaria era stata amica d’infanzla di sua madre Costanza. Siamo andati qualche volta a trovarla e lei, accogliendoci nella loggia centrale piena di ricordi di una vita, ci ha raccontato tante scene della loro adolescenza. Gli scherzi che si facevano, le amicizie, il figlio del tale, la sorella del talaltro… Era come guardare un pezzo del film “Una gita scolastica” di Pupi Avati. La Costanza la chiamavano “Cinna”, lei era la “Mimma”. Poi erano diventate ragazze, donne, la Mimma aveva perso presto suo marito, non aveva avuto figli ed era sempre rimasta nella villa, fino alla sua morte pochi anni fa.
lo non perdevo una parola dei suoi racconti per imparare qualcosa di questa madre morta troppo presto, di cui Andrea mi diceva pochissimo.
La Costanza amava moltissimo quei luoghi. Tutti gli anni, dalla primavera fino all’autunno, la famiglia si spostava da Bologna al podere di campagna. Venire a Sasso era un viaggio verso il “fuori”, la campagna, qualcosa di completamente diverso. La sera andavano a guardare la televisione alla Ca’ Vecchia, dai Raimondo.
Mille altre volte sono passata da Via Maranina, e ogni volta ho pensato alla Costanza, che veniva lì a trovare la sua amica. E sempre vedo in quei campi secoli di lavoro di uomini e donne, sento persino gli Etruschi, che in quella piana stupefacente, baciata da Dio, hanno sicuramente vissuto. Quello che si prova percorrendola è proprio il piacere visivo del paesaggio italiano, scelto, disegnato e mantenuto nei secoli in tanti luoghi d’Italia, e quasi sempre chiuso da una montagna sullo sfondo. Via Maranina è bella al primo sguardo, sia se la si imbocca dalla Porrettana, con i grandi campi della Copaps, dove ragazzi disabili coltivano ortaggi e fiori, sia se la si prende da Via San Lorenzo, e allora si vede il grande campo con la Maranina in fondo, perfetta nell’architettura e nella posizione. Se si parte da qui, però, il tratto finale è rovinato da una grande casa di riposo, che non è tanto più orrenda di altri edifici, ma lo diventa rispetto alla bellezza che rovina stando lì, ingombrante e illogica. Ma non sempre gli uomini fanno danni. Due antichi edifici vivono ora come albergo e ristorante: “Ca’ Vecchia”, con il suo meraviglioso parco, e”I Taruffi”, un intelligente e recente recupero, mentre la villa Sant’Anna è stata da poco ristrutturata.
Perché costruire nuovi edifici in luoghi improbabili quando la gente, secoli fa, ha già scelto per noi posizioni, esposizioni, volumi architettonici perfetti?
Qualche anno fa il Comune ha asfaltato Via Maranina, e per Andrea è stata un po’ una tragedia.