Le baracche a Sasso Marconi

Tratto dal periodico del Circolo Filatelico “Guglielmo Marconi”
SASSO & DINTORNI n° 38 – anno IXX

La guerra finì il 25 aprile 1945. A Sasso Marconi era terminata alcuni giorni prima, con il passaggio della 6a Armata Sudafricana che, dopo aver liberato Monte Sole, attraversò il fiume Reno a Ponte Albano, proveniente dalla Val di Setta, nella mattinata del 20 aprile 1945. II ponte Albano era stato minato e distrutto dai tedeschi il 17 aprile 1945 per ritardare l’avanzata degli alleati. Il Comune di Sasso aveva subito ingenti distruzioni, soprattutto negli ultimi giorni di guerra, a causa dei pesanti e massicci bombardamenti effettuati dagli alleati. Nei giorni dal 14 al 17 aprile, ben 2.052 bombardieri pesanti sganciarono bombe ad ondate successive su tutto il territorio ancora occupato dalle truppe tedesche nelle Valli del Reno e del Setta. Anche l’artiglieria contribuì al disastro, sparando, in due sole giornate, oltre 35.000 colpi di cannone. Il 76% dei fabbricati dell’intero Comune risultarono distrutti o seriamente danneggiati e molte famiglie sfollate, al loro ritorno, trovarono al posto delle loro case cumuli di macerie. Chi invece trovò la casa risparmiata dalle bombe, ebbe un’altra spiacevole sorpresa. Quasi tutte le famiglie, prima di sfollare, in gran parte a Bologna, avevano seppellito nel piano della cantina, che allora era in terra battuta e non pavimentata, tutte le cose utili che non era possibile portarsi appresso, convinte di ritrovarle al ritorno. Durante la guerra, quando le case erano vuote e ancora intatte, gli “sciacalli” scovarono i nascondigli e rubarono ogni cosa; così chi ebbe la “grazia” di fare ritorno, trovò o un cumulo di macerie o la casa depredata.
A Sasso Marconi, come negli altri Comuni più disastrati, il Genio Civile costruì delle baracche di legno di ridotte dimensioni, nelle quali doveva comunque trovare posto una famiglia. Erano composte da: una cucina, due camere e un lavandino senza servizi. Nelle famiglie più numerose alcuni erano costretti a dormire in cucina.
Le baracche furono costruite nell’autunno del 1946 nel piccolo appezzamento di terreno, di forma quasi quadrata, posto fra il viale Nuovo, la Porrettana e l’asilo Grimaldi, dove oggi c’è un giardino pubblico e le lapidi ai Caduti della prima e seconda guerra mondiale.
Le baracche erano allineate su tre file parallele alla via Porrettana, quattro per ogni fila, per un totale di 12 gruppi famigliari ospitati. Va ricordato il prezioso gesto di solidarietà da parte di una Comunità Svizzera che donò alle dodici famiglie i mobili: un letto matrimoniale, un letto singolo, un armadio e due comodini.
Le baracche furono assegnate a famiglie bisognose e a famiglie che necessitavano di una sistemazione temporanea in attesa di poter sistemare o ricostruire la propria casa.
Successivamente, man mano che qualche famiglia trovava una sistemazione migliore, lasciava libera la baracca che veniva subito occupata da un’altra famiglia povera o bisognosa. Con il passare degli anni, fin verso la fine degli anni ’50, le baracche che erano sorte per sistemazioni temporanee, divennero sempre più una dimora fissa per persone anziane prive di pensione, per persone invalide o con grossi problemi di sussistenza.
Nella notte fra il 10 e I’11 aprile del 1960, si sfiorò una tragedia quando le fiamme, causate da un cortocircuito, trovarono una facile esca in una delle già fatiscenti costruzioni di legno. Erano da poco passate le ore 23 di una notte buia e senza luna, tutti gli abitanti dormivano all’interno delle baracche, quando l’anziana signora Argia Magnani di 71 anni, accortasi delle fiamme nella sua abitazione diede l’allarme urlando con tutte le sue forze. Accorse il meccanico di biciclette Ettore Baldazzi che, entrato con gran coraggio all’interno della baracca in fiamme, riuscì a portare all’esterno la signora Magnani già avvolta dalle fiamme; pochi istanti dopo il tetto della baracca crollò. Nonostante il tempestivo intervento di Baldazzi, la signora Magnani morì il giorno successivo in ospedale a causa delle gravi ustioni riportate; anche il meccanico soccorritore riportò delle ustioni, non molto gravi, in varie parti del corpo. L’intervento dei vicini evitò che l’incendio si propagasse alle altre baracche.
II 13 aprile, due giorni dopo l’incendio, l’Amministrazione Comunale trovò una sistemazione più adeguata e più sicura, per tutte le famiglie che ancora occupavano le baracche e poco tempo dopo queste ultime vennero demolite.

Giuseppe Dall’Olio