Rio Conco

Tratto dal semestrale n.4 “al sâs” del Gruppo di Studi “Progetto 10 Righe” 10 righe

a cura di Umberto Fusini
le fotografie originali del testo a causa della scarsa qualità fotografica sono state sostituite
fotografie di Diego Perlangeli

La storia antica gli passa sotto e di lato

Se volete aver una veduta la più completa possibile di quella bellezza impensabile che è il rio Conco, ed in particolare l’anfiteatro che crea la sua imponente cascata, dovete visitarlo in pieno inverno, quando la stagione ha spogliato gli alberi ed i cespugli, e dal loro spogliarello ha fatto uscire, e messo in bella vista tutto quello che c’era “… sotto”, anzi oltre.
Chi avrà voglia di fare almeno la passeggiata più breve, quella che prende il sentiero che parte da via rio Conco nel lato a monte della strada, poco prima della bella villa all’inizio della piana e subito dopo la corta ma decisa discesa, in poco tempo sarà sotto alla cascata e lì rimarrà, come si usa dire guardando spettacoli sorprendenti, a bocca aperta. Ma soltanto d’inverno potrà ammirare la panoramica più ampia di tale ambiente.
Poi, chi vuole apprezzare maggiormente questa passeggiata, la dovrebbe fare almeno una volta per stagione, perché appunto ogni stagione “dà i propri frutti”. E’ bene però non esagerare.
Quindi, se ne abbiamo voglia, scarponi ai piedi (sempre, anche d’estate) ed inoltriamoci “…nella selva oscura…” perché tale è l’impressione all’inizio del sentiero. All’improvviso, sembra di entrare in un mondo irreale. II silenzio, cosa che fino a pochi minuti prima era impensabile, ci avvolge formando un tutto unico con il resto.
I primi alberi caduti che incontriamo, ci fanno sembrare il sentiero come quei “percorsi vita” che si trovano in certi giardini pubblici.
Ci creano subito un po’ di difficoltà, e magari cominciamo a dubitare di avere fatto la cosa giusta, ma niente paura; sarà dura anche più avanti, ma non pericoloso. Perciò, a parte qualche graffietto che ci potranno procurare le robinie o i biancospini che assieme ai rovi di more sono le più “carogne”, non arrendiamoci.
Appena ce lo possiamo permettere, lasciamo cadere l’occhio sul rio. Chi sa guardare potrà vedere anche qualche animaletto. La rana rossa (è un gruppo composto da diverse specie) è qui presente con due rappresentanti tipici di tale ambiente, la rana dalmatica (Rana agile) e la rana appenninica (rana italica) perciò non confondiamole con la rana verde, che possiamo invece incontrare nei fossi o nei maceri, oppure anche in fondo al Reno dove si formano pozze laterali al corso principale.
Le rane rosse sono difficili da vedere, perché hanno la colorazione che si mimetizza in modo ottimale col cascame che si trova sul percorso, però le vedi scattare all’improvviso quando stiamo per calpestarle. Oltre alle rane è possibile vedere (ma non in pieno inverno) il tritone punteggiato (Triturus vulgaris), che dalle nostre parti è ancora abbastanza diffuso, ma non come lo era fino ad una ventina di anni fa (in pianura è ormai agli sgoccioli) e poi, chi ha affinato l’occhio, può vedere anche il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus). Credo sia inutile dire che sono specie degne della massima attenzione e rispetto, ma… repetita…
C’è anche un uccello che è tipico di questi ambienti, ed è lo Scricciolo (Troglodites troglodites). Cito solo questo, anche se non è il solo che si trova, perché è il più piccolo fra tutti gli uccelli europei.
Forse non lo vedrete, ma se guardate bene, contro alle pareti dove c’è il fogliame fitto dell’edera, può darsi che un piccolo ammasso rotondo di muschio con un minuscolo foro d’entrata, vi balzi all’occhio, ebbene quello è il suo nido.
Chi invece di animali non ne vedrà, non si perda d’animo, ci sono altri motivi interessanti. Per esempio la vegetazione; l’umidità che c’è in questo “strano” ambiente, favorisce un rigoglio che da poche altre parti ne ha di uguali. Ammirate i cespugli di sanguinella, la fusaggine, i ceppi del sambuco.
Di fiori sicuramente nel periodo invernale ne vedrete pochi, ma si potranno comunque osservare le pianticelle che da lì a breve germoglieranno e poi fioriranno, con gli anemoni di varie specie, l’elleboro, le primule, le viole, e, visione veramente straordinaria, le felci, ed il capelvenere, che attaccato all’alta parete, penzola come d’incanto. Credo comunque che questa vallecola abbia un passato ancora poco noto, a parte quello che già sappiamo sull’acquedotto romano che passa lì sotto, ed una testimonianza facilmente visibile è data da uno degli ingressi (o sfiatatoi) che proprio alla base della parete principale è lì in bella mostra. Chi vuole tentare un po’ d’avventura a proprio rischio, può entrare e visitarne almeno un piccolo tratto.
Ci sono invece delle testimonianze che non sono facilmente databili e ancor meno identificabili. Sono una serie di grotte che si notano guardando la parete principale sulla sinistra. Secondo la mia modesta esperienza, non fanno sicuramente parte dei rifugi di riparo dai bombardamenti dell’ultima guerra. Dico questo perché sono tutti esposti a nord in modo da non garantire una copertura dalle bombe che arrivavano da sud, come invece erano i classici rifugi di allora. lo infatti ho compiuto il mio primo compleanno, proprio in uno di questi, scavato da mio padre nella zona di Riosto. Poi, sulla parte esterna si possono vedere ancora i resti di raffigurazioni incise sull’arenaria, che rimandano a ricordi antichi. Queste cavità, nel tempo più recente attorno agli anni sessanta, erano servite pure come “fabbriche di bigattein”. Venivano riempite di carogne di animali e carne putrescente per produrre le larve di mosche che sono ancor oggi usate dai pescatori. Difatti in giro per l’Italia i pescatori bolognesi sono conosciuti come quelli dei “bigattini”.
Alcune di queste grotte sembra poi che siano state usate per un certo periodo anche dai tedeschi come postazioni difensive (quelle più in alto in vista sulla valle del Reno proprio di fronte a Palazzo de’ Rossi).
Ma esistevano già, poi altri usi hanno invaso questi antri. Ma chi li ha realizzati e da dove venivano? Ricordo cose abbastanza simili che ho visto in Toscana: mi fanno pensare alle tombe Etrusche.
Una delle ragioni che potrebbero avvalorare tale ipotesi, è l’esposizione verso ovest, dove il sole “muore”.  Chiaramente è solo una mia supposizione, però varrebbe la pena sapere se si sono fatti degli studi o delle ricerche in proposito. Insomma cosa si sa di queste “buche nella roccia”, troppo ben fatte per essere dei semplici ripari per galline, anche se probabilmente nel passato possono essere state utilizzate proprio come pollai. Se ne contano in totale, fra quelle nell’anfiteatro e le altre in cima alla falesia più a nord (verso Casalecchio) una dozzina, in due gruppi, molto vicine fra di loro che sembrano realizzate in base ad un piano ben preciso, ma quale e per cosa?
Questa vallecola che è proprio di fronte al Palazzo de’ Rossi, sul lato destro idrografico del Reno, ha una dimensione abbastanza ridotta, una profondità di circa duecentocinquanta – trecento metri e più o meno la stessa larghezza.
Le caratteristiche naturalistiche e se vogliamo “storiche” di questo luogo, perché appunto oltre all’antico acquedotto romano, ci sono pure queste misteriose “grotte”, lo potrebbero far diventare una meta molto interessante da visitare.
Certo, però, andrebbe fatto un accurato percorso per tutelare l’integrità dell’ambiente. Attualmente la vegetazione sta ricoprendo quasi interamente il sentiero. Perciò lasciandolo stare così com’è ora, nel giro di qualche decennio non si vedrebbe di certo più nulla e allora tutto verrebbe presto dimenticato e di conseguenza la testimonianza andrebbe perduta.
Se invece si facesse una pulizia con criterio, ci potrebbe essere un buon ritorno educativo sia dal punto di vista naturalistico che storico. Mi viene in mente questa soluzione ricordando quanto ho visto, andando in giro in certe oasi che si trovano in alcuni paesi europei, dove sono stati realizzati dei sentieri sopraelevati, fatti con passerelle di legno, dove la gente passa, guarda e non tocca niente. Questa vallecola si presterebbe bene ad un progetto del genere.
Comunque fateci un giro e poi anche voi potreste avere un vostro parere da proporre.
Rio Conco ha anche altre bellezze, mentre io ne ho elencate soltanto alcune. Altre si trovano nella parte alta al di sopra della cascata, ma per arrivare lassù, la questione si fa più tosta. Perciò se avrete fatta questa prima escursione, chissà che domani non vi venga voglia di fare anche quest’altra e allora ne potremmo riparlare, cosicché potrei darvi qualche altra indicazione e consiglio.
Sempre, logicamente, a mio modesto e personalissimo parere.

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